STIRPE AI CRONISTI: “GROSSO NON E’ IN DISCUSSIONE, ANGELOZZI E’ QUI CON NOI”

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FROSINONE – Dopo la relazione introduttiva, secondo un cliché consolidato ci sono state le domande dei cronisti.

Presidente, concordiamo che gli infortuni abbiano tolto qualcosa ma una critica alla dirigenza mi sento di farla: Grosso ha fatto vedere il gioco più bello che si sia mai visto a Frosinone dai tempi di Mari ma a mio parere non si è dimostrato un motivatore. Le partite difficili che si motivavano da sole le ha vinte, le altre le ha perse. Perché la Società non gli ha detto nel momento in cui si era raggiunta la salvezza: adesso andiamo ai playoff. Si è creata per lui una sorta di alibi perché alla vigilia dell’ultima gara ha detto: se arriviamo ai playoff abbiamo realizzato un sogno.

“Perché la Società non è una bandieriuola, la società non cambia i programmi a seconda delle sue convenienze. La società ha dato a Grosso un obiettivo: facci innamorare del calcio perché nel passato anche quando vincevo avevo dei dubbi forti sugli investimenti che si facevano. Poi gli è stato detto: noi andremo a fare un processo di rinnovamento, se te la senti devi assecondarlo. Ora valutarlo perché non siamo andati ai playoff, sarebbe riduttivo e non corretto nei confronti del professionista. Non ho una flessibilità nel cambiare obiettivi perché bisognava cambiare gli strumenti, non li cambio gli obiettivi in corso d’opera. Nel momento culminante della stagione abbiamo avuto quei piccoli di problemi che ho enunciato in precedenza. Fino alla sera del 25 aprile si parlava del Frosinone come se fosse chissà cosa, dopodiché ha avuto due battute di arresto. A Ferrara e col Pisa abbiamo fatto due partite fotocopia. Pordenone e Crotone? Il gruppo evidentemente aveva dei limiti. Se ad inizio stagione si parlava di salvezza non è perché uno si voleva schernire. Le critiche ci stanno quando tu hai costruito tutto per fare qualcosa e non lo ottieni, quelli allora sì li considero fallimenti. In me prevale la sensazione di dolce, nel mio retrogusto. Prevale la soddisfazione di quello che si è ottenuto, lo ribadisco, piuttosto a quello che è sfumato alla fine. Io, se mi consenti, faccio la valutazione da questo punto di vista”.

Due punti fermi le conferme di Grosso e Angelozzi? Un’altra domanda: quest’anno abbiamo avuto modo di seguire il femminile, su questo settore sarebbe importante investire e fondare la basi su qualcosa di importante.

“Il tecnico è sotto contratto, nessuno mette in discussione la sua conferma. E’ una domanda da fare a lui. Il direttore è qui, a meno che non abbia ricevuto una richiesta 5’ fa che abbia ritenuto opportuno accettare. Il tecnico non è discussione perché sarei in contraddizione con tutto quello che è stato detto. Sono soddisfatto del lavoro svolto. Poteva fare meglio? E’ una valutazione che fate voi. Per quanto riguarda il femminile, la Figc ha fatto un grande passo in avanti verso il professionismo. Su questo punto risponderò alla prossima conferenza stampa. Ma io penso che il femminile abbia potenzialità maggiore del calcio maschile. Nel mondo anglo-sassone è vero quello che dice, nel mondo latino è vero in parte. In Grecia non so se sia la stessa cosa della Spagna dove nello stadio del Barcellona hanno portato ad una partita 90.000 spettatori. In Italia non so se ci troveremmo nella stessa condizione della Spagna ma anche della Grecia. Questo fenomeno del calcio femminile bisogna metterlo in relazione anche con la riduzione delle differenze di genere. Se l’Italia ha il 50% di occupazione femminile a fronte del 67-68%  di occupazione maschile, vuol dire che è in ritardo. Il calcio non fa differenza rispetto alla riduzione con il gap di genere che esiste negli altri settori della società. E allora più quel gap sarà minore e più ci sarà sviluppo del calcio femminile”.

Negli ultimi anni il settore femminile ha lavorato bene, poi arrivano Roma e Lazio e prendono le migliori.

“Questa non è una differenza sostanziale con quello che ci è successo con i ragazzi. Se viene un dirigente della Roma o della Lazio o dell’Inter voi con i vostri figli che fareste? Ecco che è necessario ridurre le differenze quando dai una identità e dietro questa identità c’è un progetto importante sul territorio. Ad esempio, volendo traslare il ragionamento nel mondo del lavoro: sono soddisfatto quando vedo un giovane che non va a lavorare fuori provincia, perché la provincia non perde una risorsa importante. Lo stesso vale nel calcio. Io ho fondato in Istituto Tecnico Superiore per avere la possibilità di formare le leve che debbono lavorare sul territorio. Questa cosa mi piacerebbe farla anche nel calcio, anche siamo ancora molto distanti”.

Tra i risultati ottenuti, la valorizzazione dei giovani, a cominciare da Gatti, Zerbin e Charpentier per citarne alcuni. Per Charpentier quale futuro?

“A questa domanda non risponderò, ne parlerà il direttore Angelozzi. Non dimentichiamo che il giocatore che aveva segnato più gol non lo abbiamo avuto a lungo. Valuteremo con il direttore, quando farà l’incontro con voi sarà nella condizione di rispondervi”.

Torno sull’argomento tifosi: i dati hanno evidenziato un calo nelle gare interne.

“Il tifoso del Frosinone, se guardiamo gli ultimi 3 anni, nel primo anno di pandemia ha fatto una finale playoff per andare in A e se ci fosse stata la possibilità di tenerlo allo stadio sarebbe stato presente; il secondo anno è stato fortemente condizionato ma anche lì c’era la discontinuità legata al Covid; quest’anno infine se guardate le dinamiche degli accadimenti non c’è mai stata una condizione stabile per poter valutare. Il Covid ha condizionato la valutazione dei tifosi se venire o meno allo stadio. Guardiamo l’ultima gara, avevamo il 50% della capienza. Nei momenti migliori, abbiamo avuto il 20% in più rispetto a quest’ultimo dato. Io penso che si possa puntare ad uno zoccolo duro di 5-6 mila spettatori a meno di impedimenti da parte di organismi superiori, gli altri 4.000 vengono se trovano la condizione giusta per andare allo stadio. Dovremo aspettare settembre-ottobre per dare un giudizio più preciso, ammesso che si potrà entrare allo stadio come è stato fatto nell’ultima gara. I numeri ci dicono che il Covid ha condizionato le scelte dei tifosi”.

Il pubblico frusinate è il terzo per affluenza in serie B, c’è stato un certo entusiasmo. Lei ha mai avuto la tentazione di fare qualcosa in più sull’attacco, ad esempio. Quanto all’aspetto societario, nella futuribilità vede al suo fianco qualcuno?

“La sua domanda viene condizionata da un errore logico: lei pensa che la dimensione sia quella di andare in A, oppure pensa che l’unico obiettivo che pensano i tifosi è di andare in A. Se pensate questo, svilite il lavoro della Società. Io non ho avuto nessuna tentazione, non è il risultato che mi interessa ma il modo con cui si raggiunge lo stesso. Io i risultati li ho ottenuti nel calcio e nella vita. Se per ottenerli io debbo dilapidare una fortuna e determinare la fine di un Club, questo non mi interessa. A me interessa tenere il Frosinone nel mondo professionistico che conta, tenerlo nel modo giusto e poi se si dovessero verificare certe congiunzioni astrali, se si riesce a fare un salto importante tanto di guadagnato. Se non vi calate in questo ragionamento, create false aspettative che possono risultare letali. Io nello specifico, non avrei preso nessuno nemmeno se si fosse fatto male Novakovich. La Società sta facendo il suo percorso su quei 4 pilastri annunciati per tempo e non si farà condizionare dai risultati. Sta diventando sempre più importante il modo col quale si raggiunge il risultato sportivo. Questo è il messaggio: il modo col quale si ottiene il risultato. Quando qualcuno prova ad uscire da quella dimensione, voi lo bacchettate e parlate di tentazioni. Questo discorso poteva valere se il Frosinone si fosse posto l’obiettivo di andare in A. Quanto gli affiancamenti, non so cosa significhino. Il Frosinone se vuole stare nel calcio può pensare di fare un’operazione di irrobustimento economico-patrimoniale, sulla scorta di quello che sta succedendo in serie A creando anche delle spaccature ma anche in serie B. E’ sempre più complicato stare nel calcio di oggi ragionando con la testa di 50 anni fa. Un esempio: noi 2 anni fa andammo a fare i playoff con 54 punti, adesso non ne sono bastati 58. Il livello è cresciuto. Vedete chi c’è dietro il Pisa, il Lecce, il Brescia, il Benevento. Ormai siamo ad un livello di professionismo al quale non possono non essere associate risorse importanti. Se noi proseguiamo nella valorizzazione dei giovani, del brand e delle infrastrutture forse riusciremo a colmare quel gap ni confronti di chi ne ha più di noi. Nel futuro non escludo nulla per il bene e l’interesse del Frosinone”.

Vorrei approfondire con lei l’aspetto identitario: in questo contesto si calano il lavoro di Grosso e del settore giovanile. Quanto sono solide la basi che sono state poste? E quando le considera centrali in un’ottica a lungo termine?

“Grosso ha interpretato bene il lavoro assegnato. Volevamo un calcio aggressivo, che non fosse condizionato dal risultato e nel quale la squadra non avesse avuto paura di giocare. Ce lo ha fatto vedere anche se non sempre al 100%. Questa è l’immagine che la Società vuole trasferire all’esterno. Spesso se sei esportatore di un buon prodotto, allora puoi anche ottenere risultati. Può anche capitare che non li ottieni. Lui ha interpretato bene il compito assegnatogli. Noi siamo stati onesti col tecnico, anche al capitolo giovani. Un’operazione rischiosa. Lui ha accettato di correre il rischio. Ma questo è un punto di partenza, la direzione è quella giusta ma siamo ancora a metà strada”.

Si va ormai verso una Var a richiesta nel calcio italiano. Due cose delle quali deve farsi carico il Frosinone. Bisogna cercare di non cadere nell’ingiustizia di dividere la A dalla B e soprattutto serve una qualità tecnologica all’altezza che deve pretendere il presidente Balata.

“Condivido l’opinione, la Var visto che è un fatto tecnico non può avere una geometria variabile. Secondo me fanno male le Istituzioni, ingenerano dubbi sulla qualità. Ci faremo portatori di queste novità”.

La sostenibilità finanziaria: lei ha detto che bisogna arrivare al punto in cui si scindono i destini dell’imprenditore e quelli della squadra. Il Frosinone a quale percentuale è in questa scissione?

“Il Frosinone è al 75%, c’è un ulteriore step comunque importante che può essere colmato attraverso un’attività di trading. Come valorizzare il prodotto e vendere. Ci deve essere accrescimento sul discorso degli sponsor, l’attività di mutualità e una forte attività di abbattimento dei costi di gestione”

Ufficio Stampa Frosinone Calcio

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