IL FROSINONE ‘INFIAMMA’ LA PASSIONE DEGLI SPONSOR
FROSINONE – La grande risposta degli sponsor alla chiamata del Frosinone al ‘Welcome Meeting’ organizzato mercoledi in prima serata allo stadio ‘Benito Stirpe-Psc Arena’. Prologo un aperitivo offerto nel ‘Back Stage’. Subito dopo il direttore Marketing & Comunicazione-Rapporti Istituzionali, Salvatore Gualtieri, ha dato il benvenuto ai circa 200 sponsor che hanno riempito la parte centrale della Tribuna. A seguire il direttore Finanza & Controllo, Rosario Zoino, ha illustrato ai presenti quelli che saranno i futuri progetti in ambito finanziario del Club giallazzurro. Guest star, in perfetto orario con la tabella di marcia scandita dal presentatore della serata Alessandro Andrelli, è stato il tecnico del Frosinone, Eusebio Di Francesco.
“Davanti a noi – ha esordito il tecnico – è importante mettere sempre il Frosinone. Se io sono qui, lo abbiamo detto tante volte, lo debbo al direttore Angelozzi, col quale ho avuto la fortuna di lavorare insieme. Ci siamo sempre trovati bene, sia in campo che… a cena. Ecco, tutto questo rientra nel discorso di ‘famiglia’, quella del rilancio o dell’anno zero che ho trovato qui a Frosinone. Io credo che per poter vincere – ha proseguito Di Francesco – si passa necessariamente attraverso un percorso che comprende dei princìpi-cardine: pensare più al ‘noi’ che all’io, essere squadra in tutti i momenti, la capacità di essere resilienti di fronte alle difficoltà. E io sono quello che deve trasmettere questi concetti, questa serenità, chiaramente appoggiato dalla Società. Avere una Società solida credo che sia molto importante. Poi sta al tecnico saper mettere in campo la squadra e portare i risultati sportivi che sono da frutto per il resto che viene. Ma io non derogo da alcuni concetti: una certa filosofia, l’etica, il rispetto. La filosofia ad esempio è fare la partita, non aver paura degli avversari, cercare di dominarla ma non dipende solo da te, cercare di affrontare tutte le squadre allo stesso modo. Poi la differenza è farle queste cose. Il tifoso dice: voglio una squadra che giochi. Poi prendiamo due contropiedi e ci ripensa. Allora? Qual è l’obiettivo? Per arrivare ad una certa filosofia di gioco c’è qualche rischio da correre, insito nel pacchetto di concetti che vanno tramandati dentro la squadra”.
“Faccio un lavoro bellissimo – ha continuato Di Francesco – ho avuto la fortuna di poter scegliere nella vita quello che fare. Avevo in mente da bambino di fare il calciatore. Ma chiaramente poi, in base ai ruoli che occupi nel mondo del calcio, cambiano certe tempistiche. Ad esempio: non credo che in un’Azienda, un manager possa portare dei risultati in 2 mesi. Per noi allenatori è un po’ differente, senza dubbio. E per questo devi scegliere i posti giusti dove poter far attecchire quanto vieni a proporre. Ma dagli allenatori tutti vogliono avere da nomi il massimo e subito. Il nostro settore ha dei tempi differente ma ti lascia delle sensazioni uniche. C’è una differenza che va fatta: il calciatore può mettere quello che ha maturato durante la settimana di lavoro, per l’allenatore è differente perché dipende poi tanto da quello che i suoi giocatori fanno in campo. Un allenatore poi è sempre solo nelle sue decisioni e se ne deve assumere le responsabilità. E’ cero che io ho un ottimo gruppo di lavoro però alla fine sono io che devo scegliere chi mandare in campo, chi sostituire e via discorrendo. E poi ci vuole sempre un pizzico di buona sorte”.
“Ho lavorato in Club di alto livello, qui a Frosinone ho trovato un ambiente dove si può sempre migliorare anche sotto il punto di vista delle strutture per le quali siamo al limite ma si lavora benissimo. Sarà importante dare continuità a questa categoria – ha spiegato l’allenatore pescarese -, che ti permette di fare investimenti differenti e migliorarci sotto quegli aspetti. Io a Frosinone vorrei contribuire a questa crescita, che auguro alla Società. Il rapporto con i giocatori? Io preferisco sempre ad esempio fare una telefonata a Cheddira e sincerarmi delle sue condizioni fisiche e psicologiche sue della famiglia dopo il terribile terremoto in Marocco. A me non interessa parlare con i ragazzi su come debbono giocare o allenarsi, il concetto in tal senso è molto chiaro. Abbiamo tanti ragazzi, molti giovani che dobbiamo mettere a posto fisicamente. Tutti avranno le loro chances. E ti assicuro che per un allenatore è più difficile allenare chi non gioca perché quando saranno chiamati debbono dare risposte immediate sul campo. E bisogna far capire che l’allenamento è fondamentale, è propedeutico. La serietà e la professionalità durante l’allenamento sono decisive”.
“I giovani? Sono un po’ bamboccioni, diciamolo. Qui a Frosinone però non ho visto solo tanti giovani in campo ma anche tanti giovani che lavorano all’interno della Società. Questo fa molto piacere. Ma non confondiamo le cose quando si dice: i giovani devono giocare. Bene, quali? Quelli che hanno voglia di allenarsi, di arrivare, che hanno fame di arrivare come l’avevo io dall’età di 10 anni. Questo è importante capire a livello generale: vi assicuro che chi arriva in serie A e ci rimane, ha del talento a tutto tondo. La mia emozione più forte da allenatore? In assoluto con il Sassuolo dove abbiamo costruito qualcosa di unico. La Roma è un’altra cosa per me, ho fatto il calciatore, un anno da team manager che ho lasciato subito e poi da allenatore. A Sassuolo abbiamo creato dal nulla dei giocatori. Berardi? Uno di quei ragazzi del quale mi dissero: te lo guardi, sennò o mandiamo a giocare… E’ diventato un giocatore che ha fatto 115 gol da esterno, 150 totali in tutti i campionati, ha 29 anni e fa l’ala nel Sassuolo e non nella Juventus. Chi fa questi numeri è un fenomeno. Quanto alla Roma, quel 3-0 al Barcellona me lo sto godendo più adesso che allora. Come passo il giorno dopo la partita? Se posso vado a giocare a padel, leggo qualche libro, mi vedo un film e sto in famiglia. Adesso ho 3 nipoti e il quarto in arrivo e vi assicuro che è bellissimo”.
“L’altro giorno leggevo un libro legato al discorso di soldi contro idee. Se a livello aziendale riuscissimo a coniugare le due cose saremmo perfetti. Ma dobbiamo essere più bravi nelle idee, questo può fare la differenza. La scelta-Frosinone? Diciamo subito che punti in classifica a mio parere mancano. Quanto alla scelta la rifarei subito, come le altre. Ma questa più delle altre. Io a Frosinone cosa c’entro? Le parole del direttore Angelozzi sono state un complimento ma Di Francesco col Frosinone c’entra eccome. Vi racconto, un giorno il presidente Stirpe mi disse: quanti anni vuoi rimanere qui? Gli risposi dopo un mese di ritiro e non oggi: 10 anni. A me piace il campo. E qui ha fatto tutto il Direttore. Io debbo sapere dove può arrivare la Società. Ognuno deve conoscere il proprio ruolo. Sapevo e so che il Direttore farà di tutto per farmi lavorare bene. Per questo ho scelto Frosinone”.
Ufficio Stampa Frosinone Calcio